Abu Dhabi

IL LOUVRE DI ABU DHABI: L’IMPENSABILE ORA ESISTE

La manifestazione concreta delle ambizioni e delle possibilità di Abu Dhabi si sono materializzate in un museo. Un museo da poco aperto. Un museo grandioso. Si tratta di un nuovo Louvre sul pianeta Terra. Non in senso figurato o come modo di dire, ma un vero e proprio nuovo Louvre a tutti gli effetti! Sembra quasi incredibile da pensare ma dal 2017 ogni volta che si fa riferimento a quella che storicamente viene considerata la più importante istituzione museale del mondo, si deve considerare anche Abu Dhabi. Abu Dhabi ha aperto “una succursale” del Louvre. Sebbene chiamarla succursale è alquanto riduttivo. Diciamo che è una nuova costola del Louvre. Il Louvre di Parigi in tutto il mondo ora ha una sua “propaggine” ad Abu Dhabi. Un museo grandioso non solo per la struttura, non solo per gli investimenti e per tutto quel che volete di contorno, ma grandioso per le opere che espone. Già il nome non ha bisogno da presentazioni e sembra impensabile che sia stato concesso ad una struttura fuori da Parigi. Le aspettative per questo museo erano alte e il Louvre di Abu Dhabi ha mantenuto le promesse diventando un’istituzione mondiale. Attualmente ospita collezioni d’arte mondiale integrate con una sezione dedicata alle arti islamiche. Le varie espressioni artistiche e religiose vengono proposte senza un ordine gerarchico ma in un connubio in cui emerge il carattere unitario della cultura umana. Sebbene ovviamente il peso della Francia si fa sentire e le autorità francesi hanno spinto in tal senso.

Tutte le premesse che vi ho fatto sopra per cercare di presentare la grandiosità e la novità dei musei d’arte che Abu Dhabi sta allestendo sono pertinenti per questo museo di cui ora vi parlerò. Il Louvre di Abu Dhabi presenta tutte quelle caratteristiche e novità culturali che vi illustravo. Sta qua la grandiosità. Sta negli immensi finanziamenti, sta nell’audacia di esporre “cose” che sarebbero state proibite solo fino a poco tempo fa, sta nei quadri e nelle opere fatte giungere ad Abu Dhabi da ogni parte del mondo e principalmente proprio dalla Francia e dal Louvre di Parigi. Dal Louvre originario. Tutto ciò è frutto di accordi tra Abu Dhabi e il governo francese. Accordi difficoltosi per tutta una serie di questioni culturali. Questo straordinario museo che sarebbe stato impossibile anche solo da immaginare qualche anno fa, esiste e non è un progetto. Ha aperto i battenti (è stato innaugurato) l’8 novembre 2017.

L’innaugurazione avvenne alla presenza dell’attuale primo ministro francese Macron con a fianco le autorità locali proprio perché doveva passare chiaro il concetto che il Louvre di Abu Dhabi è una parte del famosissimo museo Louvre di Parigi ( https://www.thenational.ae/uae/emmanuel-macron-and-uae-leaders-formally-open-louvre-abu-dhabi-1.674159 in questo articolo è anche riportato il video di un’ora e mezza dell’inaugurazione del museo. Ci tenevano a farla vedere tutta …).

L’innaugurazione, foto di Nchavance

D’altronde i costi e i dollari investiti non lasciavano adito a dubbi o ripensamenti. Abu Dhabi ha speso 525 milioni di dollari solo per far sì che il nome fosse lo stesso di quello parigino, ha speso 600 milioni d’euro per dargli una forma e una struttura particolare e singolare, e sono già state previste spese sugli 800 milioni d’euro per i vari prestiti di opere d’arte per arricchire le varie mostre. Ovviamente vi saranno esposte anche opere d’arte (sia occidentali che orientali) che apparteranno al museo emiratino. Tenete in considerazione quanto si diceva nelle premesse e forse saremo riusciti almeno in parte a comprendere la grandiosità di questo museo.

STRUTTURA Sulla falsa riga del museo Guggenheim e in genere dei musei contemporanei che come si diceva devono essere essi stessi delle vere e proprie opere d’arte e non solo dei contenitori di opere, il Louvre di Abu Dhabi (da qua in poi lo chiameremo semplicemente Louvre, anche se ciò fa un tantino strano) ha una struttura un po’ particolare.

https://les-grognards.com/2018/11/09/les-mirages-du-musee-du-louvre-dabou-dhabi-miroir-aux-alouettes-occidentales/
Foto di Wikiemirati
Francisco AnzolaSegui
The Louvre Abu Dhabi

Si trova ovviamente sull’isola di Sadiyyat, l’isola in continua espansione proprio per fungere da centro culturale e d’arte, ed è un edificio praticamente immerso nel mare. La sua caratteristica principale, almeno dall’esterno, è il suo tetto a forma di cupola schiacciata. La scelta di costruire questo museo praticamente immerso nel mare risponde all’esigenza di creare una struttura accogliente e attraente per i turisti. Il mare però non risponde solo ad un’esigenza scenografica ma è funzionale anche a cercare di superare le difficoltà oggettive rappresentate dal clima. Serve infatti anche a ricreare un micro-clima idoneo a passeggiare piacevolmente negli spazi aperti del museo senza ricorrere all’aria condizionata ma basandosi sulla sola protezione della sua particolare cupola. Infatti l’intera struttura come si diceva è sormontata da una cupola di 180 metri di diametro, elemento cardine dell’architettura araba, che ha qua anche la funzione di filtrare la luce e modulare il caldo torrido della regione. Quindi se dall’esterno la sua cupola colpisce per originalità, essa si manifesta in tutta la sua peculiarità proprio quando (paradossalmente) si è all’interno del museo.

La cupola è formata da otto strati (lastre) di acciaio di forma arabeggiante sovrapposte l’una sull’altro in modo da filtrare la luce del giorno (che da queste parti è leggermente potente) in modo da proiettare fasci luminosi (tendenzialmente a forma di stella) diversi a seconda dell’ora, del giorno e della stagione. L’effetto è quello di fungere praticamente da gigantesco calendario solare. La si può vedere anche all’opposto, ovvero che le varie lastre che formano la volta/cupola sono sovrapposti in maniera tale che l’ombra che proiettano all’interno del museo sia ogni giorno diversa di modo che ogni singolo modello di ombra sia associabile ad ogni singola giornata (che ovviamente scorre come scorrono le lancette di un orologio durante la giornata). Nelle immagini sotto vedete la cupola dall’interno con il relativo effetto “calendario”. Sotto questa stessa volta, sotto questo comune “tetto” si aprono i vari padiglioni e le varie sale del museo.

Foto di
Jeremy Thompson
, questa è la Plaza & Main Dome
Foto di Slywire
mzagerp, Louvre d’Abu Dhabi, Abu Dhabi, May 2018
Foto di Jeremy Thompson , Plaza & Main Dome

Il filmato qua sotto vi mostra in time-lapse la costruzione di questa particolare volta e puntualizza ovviamente sugli effetti delle “proiezioni” solari. Così lo vedete meglio senza che vi metta una lunga serie di imagini.

il video in time-lapse della costruzione

ACCORDI TRA GOVERNI, OBIETTIVI E PREOCCUPAZIONI INIZIALI

L’iconico Louvre Abu Dhabi è il primo museo universale del mondo arabo che traduce al pubblico la filosofia di apertura delle culture.
Una delle principali istituzioni culturali che sorge nel cuore del Saadiyat Cultural District, questo paradiso per gli amanti dell’arte funge da vetrina per opere di prestigio storico, culturale e sociologico dalle epoche antiche fino ai giorni nostri. Progettato dall’architetto Jean Nouvel, vincitore del premio Pritzker, il Louvre Abu Dhabi si estende su una superficie di 9200 metri e comprende gallerie come la Permanent Gallery e la Temporary Gallery, arricchita da opere prese in prestito da numerosi musei francesi quali il Louvre, il Musée d’Orsay e il Centre Pompidou.

Con l’intento di ricreare parti degli elementi integranti della cultura degli EAU, Nouvel ha realizzato un sistema di irrigazione ispirato al “falaj” che scorre lungo il museo, ispirandosi alle antiche tecniche ingegneristiche arabe, mentre la rigorosa cupola traforata trae ispirazione dagli intrecci di foglie di palme generalmente usate come copertura nei tetti in molte aree del paese, dando vita a un incantevole gioco di luce. Grazie alla fusione delle varie civiltà all’interno degli stessi spazi, il Louvre Abu Dhabi testimonia affinità e scambi avvenuti dalla condivisione di esperienze umane che superano i confini geografici, nazionali e storici.

https://visitabudhabi.ae/it/see.and.do/attractions.and.landmarks/cultural.attractions/louvre.abu.dhabi.aspx

Conservare capolavori di pittura in un contesto ambientale di clima estremo è la vera scommessa del museo. Si spera che sia una scommessa ponderata e ragionata. Ma visto che è la prima volta che si realizza ciò, è chiaro che si rientra pur sempre nell’ambito della scommessa. Ribadisco, si tratta di una “scommessa” ragionata e ponderata ma pur sempre una specie di commessa. Questo problema era già stato evidenziato da più parti prima dell’apertura, si veda per esempio https://www.repubblica.it/viaggi/2017/09/06/news/louvre_abu_dhabi_inaugurazione_undici_novembre-174738717/

Le preoccupazioni erano ben motivate visto che per l’inaugurazione arrivava proprio da Parigi, oltre al primo ministro, una delle opere più conosciute ed emblematiche dell’arte occidentale, ovvero La Dama con l’Ermellino di Leonardo da Vinci. Certo a rasserenare parzialmente gli animi vi era sempre quel miliardo di dollari che era stato investito in tutto ciò. Un miliardo di dollari non son proprio bricioline.


Ad ogni modo, come si diceva, quello che impressiona sono le opere esposte in questo museo posto ai margini del deserto. Nel suo primo anno di vita all’interno delle sue 23 gallerie permanenti, sono state esposte circa 600 opere d’arte, di cui 300 erano frutto di prestiti concessi da 13 musei francesi (prestiti che coprivano il primo anno inaugurale). Questi prestiti da musei francesi rientravano negli accordi stipulati tra Abu Dhabi e il governo francese. Il Louvre Abu Dhabi nasce infatti da un accordo internazionale tra il governo di Abu Dhabi e la Francia siglato nel 2007. L’accordo per la cessione del brand Louvre con il governo francese, datato 2008, durerà 30 anni e sei mesi durante i quali le istituzioni francesi presteranno fino all’11° anno dall’apertura opere a Abu Dhai. In base a questo accordo, il museo di Abu Dhabi potrà utilizzare il nome Louvre per 30 anni e 6 mesi. La Francia garantisce un prestito costante di opere attraverso l’Agence France-Muséums, l’istituzione che riunisce i 13 maggiori musei francesi coinvolti nella partnership con gli Emirati Arabi Uniti. Si impegna, inoltre, a fornire curatori, conservatori ed esperti in ambito museale oltre a formare il personale locale. Cosa che in Francia viene vista anche come un’importante opportunità lavorativa per queste rispettive categorie professionali. Infine, garantisce l’organizzazione di quattro mostre all’anno per 15 anni organizzate a rotazione dai musei francesi. Da parte sua Abu Dhabi si impegna a pagare. Come sempre quando intervengono grandi masse di soldi (da intendere letteralmente), lo scambio assume i connotati dell’equità e fa contente entrambe le parti. Su quanto alla fine della giostra verrà versato alla Francia, la stessa Francia è stata poco prolissa. Quello che si sa è quello che vi riportavo all’inizio, ovvero che l’esborso per il solo uso del marchio/brand Louvre è di 400 milioni, che uniti ai circa 600 per la costruzione della struttura fa un miliardo di dollari per la sola edificazione del museo (a volte nelle cifre che si riportano ci sono delle lievi discordanze ma grosso modo questa cifra rimane pressapoco la stessa). Un investimento notevole che ha un obiettivo ben preciso come ormai avete capito. L’obiettivo è quello di portare ad Abu Dhabi 8,5 milioni di turisti annui entro il 2020 e di differenziare la sua offerta turistica da quella della vicina Dubai, che è già diventata una delle grandi capitali del turismo mondiale. Oltre che differenziarsi pure dal vicino Qatar che ha puntato tra le altre cose in maniera decisa anche sullo sport (leggasi Mondiali di Calcio 2022).

La volontà quindi era far diventare Abu Dhabi una nuova “Mecca” del turismo culturale e d’arte. La determinazione di Abu Dhabi è stata ed è notevole in tal senso, così come erano grandi i problemi di natura climatica e ancor più culturale. Proprio per questo come si diceva sopra gli accordi presi con il governo francese sono stati lunghi e difficoltosi ma si sono conclusi con soddisfazione da ambo le parti. Tanto è vero che i massimi rappresentanti della cultura francese, poco prima dell’apertura ufficiale, per dissipare ogni polemica di mercificazione del “brand” del loro museo principale, avevano confermato la completa assenza di veti in materia di rappresentazioni delle divinità di ogni religione e provenienza. Cosa tutt’altro che scontato in ambito islamico per le motivazioni sopra dette. Ma non solo. Avevano garantito anche che il Louvre di Abu Dhabi sarebbe stato esente da ogni divieto di rappresentazione del nudo, nella pittura o nella scultura, sacre o meno. E così è stato. Ed anche questo è fatto notevole. Ovviamente tutto è nato da un accordo in cui il peso dei dollari incentivava un accordo in materia. Allo stesso tempo le autorità francesi poco prima dell’apertura davano ampie garanzie riguardo tutte queste problematiche “culturali”. In proposito le affermazioni del direttore scientifico dell’Agence France Museum, tale Jean-François Charnier, erano rassicuranti da un lato e sincere (almeno così paiono) dall’altro. Egli infatti dichiarava poco prima dell’apertura: “Abbiamo carta bianca in tutti i campi. Mettendo vicino un lavoro cinese a uno islamico – ha continuato – mostreremo i legami e le similitudini tra le varie culture. L’obiettivo è far vedere che nella storia ci sono più collegamenti e ponti che muraglie”. Quindi si aveva tratteggiato innanzi un obiettivo importante ed esplicito, l’obiettivo di creare un museo “ponte” tra le culture in un contesto prettamente islamico.

Su wikipedia si riporta questa affermazione dell’allora presidente francese Chirac, da poco scomparso, una dichiarazione che è effettivamente assai esplicativa sulle intenzioni di Abu Dhabi (con piacere della Francia che si autoincensa e in questo caso anche legittimamente):

Di Remibetin – Opera propria, CC BY-SA 3.0

By choosing the Louvre, the emirate of Abu Dhabi not only sealed a partnership with the world’s most visited and well-known museum, but selected one which, from its very inception, had a vocation to reach out to the world, to the essence of mankind, through the contemplation of works of art.— Jacques Chirac

http://www.menareport.com/

Queste dichiarazioni, che però avevano anche l’obiettivo indiretto di rassicurare, erano doverose soprattutto alla luce dei molti problemi e polemiche che hanno preceduto il sorgere di questo museo. Oltre al problema culturale (nudi e altro) risolto brillantemente con la grande apertura/disponibilità delle autorità locali, oltre al problema e alle polemiche sulla mercificazione dell’arte che comunque è riduttivo legare solo a questo museo/contesto, un altro grande tema di controversie, apparentemente superato, era infatti quello concernente la trasferta, il trasporto e la conservazione di simili capolavori in un ambiente estremo dal punto di vista climatico. Le autorità locali di Abu Dhabi e tra tutti Mubarak, capo del Dipartimento di Cultura e Turismo di Abu Dhabi, avevano assicurato a suo tempo che “la protezione è vitale, e noi ci siamo assicurati di poter offrire i sistemi richiesti”. In funzione di ciò e per tranquillizzare il più possibile i direttori dei musei delle opere in prestito, ma ovviamente non solo loro, Mubarak citava specificatamente proprio il controllo di temperatura e umidità in un ambiente all’esterno del quale la temperatura supera i 40 gradi per diversi mesi all’anno. È interessante anche il fatto come lo stesso Mubarak (il nome completo sarebbe Mohamed Khalifa Al Mubarak) durante la conferenza di presentazione della nuova succursale del Louvre aveva sottolineato più volte come il Louvre Abu Dhabi fosse un museo mondiale che Abu Dhabi regalava al mondo intero. Questa idea del regalo di Abu Dhabi al mondo è presente spessissimo nelle dichiarazioni delle autorità, devo quindi presumere che vi sia una certa direttiva dall’alto nel presentarlo così. Cosa d’altronde del tutto legittima. Come è altrettanto legittimo che per noi che ci soffermiamo a considerare il solo impatto turistico guardiamo a questo regalo nell’ottica dei grandi benefici che ne ottiene colui che dona. Come sempre i regali aiutano sia chi li riceve sia chi li dà. Più o meno direttamente si potrebbe dire che questa sia una legge universale.

LOUVRE: PERCORSO ESPOSITIVO E OPERE ESPOSTE

Tra le opere esposte frutto di prestiti da musei francesi ci sono il Ritratto di Dama di Leonardo da Vinci (dal Louvre), il Bonaparte che attraversa le Alpi di Jacques-Louis David (Versailles) e l’Autoritratto di Vincent Van Gogh da Orsay. Quadri tutt’altro che secondari per l’arte dell’Europa occidentale.

Di Leonardo da Vinci, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=53971706
Napoleon til Hest fra bogen Kunstnere Z: David, Jacques-Louis 2005..Fotograf:..ACC:..HD Afdeling. Det Kongelige Biblotek. Di Jacques-Louis David – kb.dk pic, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1478444

Tra l’altro a questo quadro è stato dato un ampio risalto. Si tratta di un’opera importante e che testimonia un momento saliente per la Francia, per l’Europa e per l’intera storia dell’umanità. Proprio per questo credo a ragione che le autorità francesi abbiano espressamente richiesto un “posto in prima fila” per quest’opera che esalta anche il nazionalismo francese. Nelle immagini sotto è proposto il quadro così come è esposto al Louvre di Abu Dhabi.

Il quadro così come è esposto al museo Louvre (ovviamente di Abu Dhabi), foto di
Jeremy Thompson
(Gallery 9: A New Art of Living)

Jeremy Thompson
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Louvre Abu Dhabi

Gallery 9: A New Art of Living
L’autoritratto di Van Gogh esposto al Louvre, foto di Jeremy Thompson
(lo trovate allaGallery 10: A Modern World?

La maggior parte delle opere, comunque, avrà come oggetto la storia delle grandi civiltà umane e delle religioni. Senza gerarchie. Ci sarà una pagina del Corano Blu di Kairouan, storica edizione del testo sacro islamico che risale ai secoli IX-X, la cui parte più voluminosa è custodita al Bardo di Tunisi (ricordate gli attentati terroristici proprio là?…). Così come è presente una Bibbia gotica, una Torà e libri buddisti o taoisti. “L’idea è quella di mandare un messaggio di tolleranza”,  aveva detto detto il presidente dell’Autorità del turismo e della cultura di Abu Dhabi, ovvero il nostro già noto Mohamed Khalifa Al-Mubarak, durante una conferenza stampa in cui si annunciava la data ufficiale di apertura del museo.

Le opere esposte sono comunque innumerevoli non solo per numero ma anche per provenienza e per ambiti culturali. Tra gli altri pezzi della collezione permanente, si può citare un set funerario egizio del decimo secolo a. C., una Madonna di Giovanni Bellini e un dipinto turco del 1878 di Osama Hamdy Bey che ritrae Un giovane emiro dedito allo studio. In un unico museo sono rappresentate epoche che spaziano dalla preistoria alla contemporaneità, opere d’arte di origine medio-orientale e lavori di artisti come Gauguin, Picasso o Cy  Twombly. La grandiosità di questo museo è quindi legittimamente paragonabile al Louvre (ovviamente) e al British Museum

Per quanto riguarda il percorso espositivo, per andare un pochino più in profondita rispetto a quanto sintetizzato sopra vi rimando al sito ufficiale, https://www.louvreabudhabi.ae/ . Certo che lo vedrete, mi sembra piuttosto inutile proporvi qua la sintesi del percorso espositivo fornito da questo articolo su artribune. Ciononostante ve lo riporto lo stesso:

Il percorso espositivo è diviso in quattro macro-aree: età antica, età medievale, età moderna, globalizzazione. Le opere sono disposte in 23 sale costruite cronologicamente per raccontare l’evoluzione della storia dell’uomo: dalle origini della specie fino alla globalizzazione. Si passa attraverso le sale dedicate all’impero romano per approdare alla sezione consacrata alle religioni universali: cristianesimo, buddismo, islamismo, rappresentate senza grandi differenze gerarchiche, ma in un’ottica di vicinanza e unione spirituale e culturale che sorprende il visitatore poco esperto di cultura araba. E che questo sia un punto nodale lo si è capito anche in conferenza stampa, quando Jean Luc Martinez, presidente del Louvre, ha più volte ribadito che questo museo rappresenta un ponte per il dialogo tra Occidente e Oriente, una modalità per far capire alle persone che in realtà esistono dei valori condivisi che partono proprio dall’arte e dalla cultura. Il riferimento, neanche troppo velato, è a tutti coloro che in patria hanno avanzato critiche nei confronti del museo alla luce dei recenti attacchi terroristici che hanno colpito la Francia.
E se la prima parte del percorso espositivo si tiene sull’equilibrio delle parti, è nella seconda parte che la Francia gioca a rivelare la sua grandeur. Lo snodo è rappresentato non a caso da un’opera di Leonardo da Vinci, La belle Ferronnière, centro esatto del percorso espositivo e contraltare perfetto rispetto a La Gioconda del Louvre parigino. Il baricentro vero è spostato più in avanti, sull’enorme ritratto di Napoleone Bonaparte, magistralmente dipinto da Jacques Louis David che ricorda, tutt’altro che velatamente, la “grandeur” francese e la superiorità della Francia, se non economica, almeno culturale. È il punto su cui si basa l’intero discorso del presidente del Louvre, che ribadisce in almeno due occasioni che “la Francia è stata scelta dagli Emirati come partner culturale perché è la capitale dell’arte”. “Non è una questione di storia o di immagine”, sottolinea Jean Luc Martinez, “ma è un fatto incontestabile: la Francia è il Paese più visitato del pianeta e il Louvre è il primo museo al mondo, non solo perché è il più antico, ma anche per il maggior numero di capolavori presenti nella sua collezione”.
L’ultima parte del percorso espositivo è dedicata all’arte contemporanea con opere che arrivano da 13 musei francesi, in primis il Centre Pompidou, riuniti nell’Agence France-Muséums, organismo creato per sostenere il Louvre Abu Dhabi, prestando opere, personale specializzato ed esperti museali, ma di fatto indicando e gestendo la politica culturale dell’istituzione per gli anni a venire. E che il museo voglia essere al passo con i tempi e non solo un luogo che racconta il passato lo si comprende nell’ultima sala con la Fontana di Lucedi Ai WeiWei, un’opera datata 2016 che doppia il Monumento alla Terza internazionale di Tatlin.

https://www.artribune.com/dal-mondo/2017/11/louvre-abu-dhabi-museo-jean-nouvel/

Qua di seguito vi mostro alcuni importanti pezzi presenti nella Galleria 4 dedicata alle religioni universali. Pezzi posti senza ordine gerarchico e con al medesima dignità.

Foto di Jeremy Thompson, Gallery 4: Universal Religions
Foto di Jeremy Thompson ,Gallery 4: Universal Religions
Jeremy Thompson Gallery 4: Universal Religions
Jeremy ThompsonSegui
Louvre Abu Dhabi

Gallery 4: Universal Religions
Foto di Jeremy Thompson , Gallery 4: Universal Religions
Foto di Jeremy Thompson , Gallery 4: Universal Religions
Fig.23 Torah esposte al Louvre di Abu Dhabi (provenienza: Yemen e Spagna)

Quelle sopra in Fig 23 sono delle torah. Da un lato ci ricordano l’apertura di Abu Dhabi. Ma da un lato ciò ci ricorda che al di là di questa manifesta e sventolata apertura mentale, e lo dico senza ironia, ci sono però delle “difficoltà” a superare certi ostacoli nella vita di tutti i giorni. Difficoltà che a volte sembrano delle vere e proprie barriere. La questione ebraica è divenuta spinosa nel mondo islamico con l’istituzione ufficiale di uno stato israeliano in Palestina alla fine della seconda guerra mondiale. La situazione geopolitica venutasi a creare in Medio Oriente nell’immediato post seconda guerra mondiale è assai difficoltosa e a volte sembra di difficile soluzione anche solo a pensarla in un mondo ideale. La creazione dello Stato di Israele, che seppur ha radici già da fine ‘800 si è installato come dominio indipendente in un contesto dove la stragrande maggioranza era arabo-islamico, ha lasciato tra le altre cose una endemica area di conflitto e di instabilità politica. Che sia uno Stato particolare lo si evince anche dalla consistenza numerica (seppur non maggioritaria) dell’elemento arabo-israeliano. Un esempio stupido ma indicativo. Quando lavoravo come cameriere un mio collega arabo-israeliano- gran bevitore e gran brava persona- molto orgoglioso della sua cultura islamica e orgoglioso di essere cittadino dello Stato di Israele, era perennemente in rapporti tesi con un collega afgano mentre se la intendeva bene con un collega siriano (…). Di quel periodo oltre i bei ricordi mi restano le barzellette che l’arabo-israeliano diceva sugli afgani e le risentite e minacciose risposte dell’afgano. Le barzellette come le parolacce sono sempre molto indicative dei luoghi e delle culture. Ma a parlarne così si rischia di far danno a tutti. E poi questo non è l’obiettivo di questa pagina. Il punto è che con l’instaurazione di Israele il mondo arabo-islamico (più di altri) è entrato in una difficile spirale la cui soluzione attende di essere anche solo intravista. I nobel per la pace Arafat e Rabin e la successiva fine che hanno fatto dimostrano quanto fossero mere illusioni quei premi. Forse un pò come tutti i nobel per la pace la cui nomina a volte sembrano una ipocrita salvaguardia di un qualcosa che si stenta a capire. Almeno dal di fuori. Insomma questi problemi, si concretizzano spesso in fatti di cronaca poco pubblicizzati ma che non lasciano indifferenti, per esempio guardate qua: https://www.lastampa.it/esteri/2017/10/27/news/non-suonano-l-inno-ad-abu-dhabi-atleta-israeliano-se-lo-canta-da-solo-1.34409903 . Oltre a turbative sull’asse geopolitico di cui gli EAU e altri Paesi limitrofi non sono proprio fuori da sospetti. Come d’altronde lo sono tutti i Paesi del mondo che hanno possibilità di incidere sulla vita altrui.

Il museo però sembra davvero essere un’isola felice in mezzo al mondo. Direi nel mezzo dell’umanità. Lo si vede anche, come si diceva, per la questione dei nudi. La questione dei nudi nell’arte non è una questione ne secondaria ne banale per un paese arabo-islamico. Pensate anche quando il primo ministro iraniano era venuto in Italia e il governo italiano fece coprire le sue opere d’arte per “non urtare” la sensibilità dell’ospite. E considerate che l’Iran è un Paese islamico ma non c’entra nulla con gli arabi, anzi. Eppure al Louvre di Abu Dhabi l’arte occidentale non è soggetta a nessuna censura. “Nudi” che d’altronde non sono caratteristica esclusiva della sola cultura del mondo occidentale. Certo non si prendono pezzi a caso, ma ad ogni modo il passo è davvero notevole.

Foto di Jeremy Thompson da Louvre Abu Dhabi, Gallery 3: Civilisations and Empires
Jeremy Thompson Gallery 3: Civilisations and Empires
Jeremy Thompson Gallery 3: Civilisations and Empires

Jeremy Thompson
Gallery 4: Universal Religions

Jeremy Thompson
Gallery 7: The World in Perspective

Jeremy Thompson
Gallery 9: A New Art of Living

Altri pezzi di notevole interesse storico e artistico esposti al museo, in ordine sparso di galleria.

Foto di Jeremy Thompson Gallery 1: The First Villages
Jeremy Thompson Gallery 2: The First Great Powers
Jeremy Thompson Gallery 3: Civilisations and Empires
Jeremy Thompson Gallery 8: The Magnificence of the Court

Jeremy Thompson
Gallery 11: Challenging Modernity

Jeremy Thompson
Gallery 11: Challenging Modernity
Jeremy Thompson Gallery 12: A Global Stage
Jeremy Thompson Gallery 12: A Global Stage

Jeremy Thompson Exhibitions: Globes – Visions of the World
Jeremy Thompson Exhibitions: Globes – Visions of the World
Jeremy Thompson Exhibitions: Globes – Visions of the World

PROBLEMA APERTO Abbiamo visto come si sono risolte problematiche notevoli legate ad alcune “barriere” culturali, abbiamo visto come alcune problematiche rimangono aperte nonostante la buona volontà delle autorità locali. Ma c’è anche un “problemino” ancora aperto che preoccupa un tantino gli amanti dell’arte (e non solo) di tutto il mondo. Un problema che attende ancora di essere definitivamente chiuso e che riguarda un’opera d’arte.

Il Dipartimento Cultura e Turismo di Abu Dhabi aveva acquistato per il Louvre di Abu Dhabi niente che di meno del Salvator Mundi, dipinto attribuito a Leonardo da Vinci. L’acquisto (o la vendita) si tenne durante l’asta tenutasi da Christie’s a New York il 15/11/2017. La somma? 450,3 milioni di dollari che lo hanno elevato ad opera d’arte acquistata più costosa al mondo. Di gran lunga la più costosa al mondo.

Salvator Mundi, Presumibilmente di Leonardo da Vinci – [1], Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15771821

Su quest’opera si ebbero già differenti vedute per quanto riguardava l’attribuzione a Leonardo da Vinci. Quando si cita questo nome balza subito fuori un alone di mistero che non ha lasciato libero nemmeno quest’opera. Ad ogni modo i principali studiosi al mondo di Leonardo da Vinci erano e sono concordi nella sua attribuzione. Che non me ne abbiano chi sosteneva o sostiene il contrario, ma in ogni articolo o pubblicazione si trova unanime consenso tra coloro definiti i più grandi conoscitori ed esperti di Leonardo. Si tratta indubbiamente di un’opera che ha in sé un qualcosa di beffardo e di enigmatico che l’accosta al modus operandi del genio toscano (questo è un parere mio che riguardo all’arte vale “come il due di bastoni quando comanda denari”, citazione colta da ricordi di infanzia dei vecchi che giocavano a carte nei loro lunghi pomeriggi al bar a prescindere dalla stagione. E che una classe in particolar modo può comprendere bene). Ci sono state anche polemiche dovute al restauro a cui tale opera è stata sottoposta. Ma anche ciò rientra nella norma di tali opere di restauro. Non è sicuramente la prima polemica a riguardo e son pronto ad accettare scommesse (a basso “impegno” ovviamente) che non sarà nemmeno l’ultima. Insomma di polemiche quest’opera ne aveva già molte, alcune peculiari altre meno ma tutte più o meno sulla norma per un’opera cinquecentesca soprattutto se collegata a Leonardo da Vinci. Il vero problema però è sorto dopo quell’acquisto. Da quell’acquisto in poi tutte queste polemiche passarono in secondo piano non solo perché comunque una certa convergenza generale si era avuta sull’attribuzione o sul tipo di restauro, ma per un altro piccolo particolare che ha fatto sbiadire se non sbiancare tutto il resto. Dopo l’acquisto di quest’opera che si erge a testimonianza del “genio” umano, non se ne hanno avute più notizie certe. Sembra scomparsa. Doveva essere esposta al Louvre di Abu Dhabi a partire da Settembre 2018, ma ciò non avvenne. Si disse che era stata mandata in Svizzera per un ulteriore restauro. Ciò fu però smentito categoricamente dalle autorità svizzere. Successivamente tante altre notizie si rincorsero l’un l’atra ma nessuna trovò conferma. Morale della favola: del Salvador Mundi nessuna traccia. Sembrava l’ennesimo mistero che si andava a caricare sulla figura e sulle opere di Leonardo da Vinci. (In questo articolo di The Guardian trovate tutte le informazionid el caso: https://www.theguardian.com/artanddesign/2018/oct/14/leonardo-da-vinci-mystery-why-is-his-450m-masterpiece-really-being-kept-under-wraps-salvator-mundi ).

La sintesi del tutto è che da quel momento oltre a problemi inerenti all’opera è emerso un qualcosa di tragicamente rilevante per l’arte mondiale (e non solo): praticamente non si sa più che fine abbia fatto l’opera. ( https://www.finestresullarte.info/flash-news/3634n_louvre-abu-dhabi-non-sa-dove-e-il-salvator-mundi.php ).

Ad Aprile 2019 il mistero persisteva, anche se si dava credito ad una notizia che avrebbe potuto spiegare il tutto. https://www.touringclub.it/notizie-di-viaggio/dove-finito-il-salvator-mundi-di-leonardo-da-vinci-il-giallo-continua

La scomparsa dopo la vendita da Christie’s a New York, ora le indagini tra Parigi, Mosca e Abu Dhabi
Dov’è finito il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci? Il giallo continua
di Fabrizio Milanesi
 2 Aprile 2019

Dov’è finito il “Salvator Mundi”? Attribuito a Leonardo da Vinci e venduto da Christie’s a New York a un giovane principe saudita per 450 milioni di dollari, avrebbe dovuto costituire il gioiello del nuovo Louvre di Abu Dhabi, ma dal novembre 2017 il quadro è letteralmente scomparso dalla circolazione. Nessuna notizia, nessuna traccia, mentre sulle colonne del New York Times si apprende che dalle indagini a tappeto tra New York, Parigi, la Svizzera e le sabbie degli Emirati non si è arrivati a nessun elemento concreto che possa condurre al suo ritrovamento.

“Una persona a conoscenza dei dettagli della vendita ha detto che avrebbe dovuto essere spedito in Europa una volta concluse le operazioni di pagamento”. Il NY Times cita la restauratrice Dianne Modestini dell’Institute of Fine Arts della New York University il cui lavoro sulla tela ha portato all’attribuzione. L’esperta – si legge nella traduzione dell’Ansa – ha detto di aver saputo dal collega svizzero Daniel Fabien che una società di assicurazione gli aveva chiesto di esaminarlo a Zurigo lo scorso autunno in vista di un’ulteriore spedizione. L’esame tuttavia fu cancellato. Fabien non vuole parlare e la Modestini ha detto che a quel punto “la pista è diventata completamente fredda”.

ORIGINI E STORIA DI UN CAPOLAVORO MISTERIOSO
Il Salvator Mundi è uno dei meno noti dei 20 dipinti superstiti del maestro del Rinascimento italiano, di cui l’attribuzione è rimasta a lungo incerta. Ritenuto distrutto, il Salvator Mundi è stato riscoperto nel 2007. Dopo il restauro all’Institute of Fine Arts della New York University è andato all’asta nel novembre 2017 presso Christie’s a New York: ad aggiudicarselo il Dipartimento di Cultura e Turismo di Abu Dhabi. Che avrebbe dovuto esporlo al Louvre Abu Dhabi a partire dal 18 settembre 2018.
 
Risalente al 1500 circa, è un olio su tela raffigurante una figura a mezzo busto di Cristo come Salvatore del Mondo, rivolta verso lo spettatore, e vestita con una morbida tonaca azzurra e cremisi. La figura tiene un globo di cristallo nella sua mano sinistra mentre solleva la destra in segno di benedizione. Si ritiene che questo eccezionale lavoro sia contemporaneo sia alla Gioconda che alla Belle Ferronnière.
 
Di questo intricato giallo che coinvolge oligarchi russi, sceicchi ed ereditierinemmeno gli staff del Louvre di Parigi e di Abu Dhabi, che avrebbe dovuto esporre la tela già dal settembre scorso, sono riusciti a sciogliere qualche nodo. L’anno delle celebrazioni leonardiane ha il suo mistero, uno dei tanti che aleggiano intorno alla figure e alle opere del genio da Vinci.

https://www.touringclub.it/notizie-di-viaggio/dove-finito-il-salvator-mundi-di-leonardo-da-vinci-il-giallo-continua

Ora pochi giorni fa (notizia di giugno 2019) sembra che si sia confermata questa versione e questa soluzione dell’enigma (anche se l’opera ancora non l’ha vista nessuno):

Arte: il Salvator Mundi di da Vinci, l’opera più costosa di sempre, sarebbe sullo yatch di un principe saudita
„Arte: ritrovato il Salvator Mundi di da Vinci, l’opera più costosa di sempre
Era stata venduta nel dicembre del 2017 per la cifra record di 450,3 milioni di dollari

Redazione
11 giugno 2019 10:59


Del Salvator Mundi di Leonardo da Vinci, ritenuto essere il quadro più costoso della storia, non si sapeva più nulla dal 2017. Allora fu venduto all’asta da Christie’s a New York per la cifra record di 450,3 milioni di dollari.
Il New York Times rivelò che l’acquirente sarebbe stato un principe saudita, Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al Saud, non molto conosciuto ma considerato vicino al nuovo uomo forte di Riad, il principe della corona Mohammed bin Salman.
Secondo il sito Artnet.com il Salvator Mundi si troverebbe proprio sul mega-yatch “Serene” di proprietà del principe ereditario. 

L’opera, sempre secondo la testata web, rimarrebbe all’interno dell’imbarcazione di lusso saudita fino alla creazione di un centro culturale e artistico nella regione di Al-Ula, annunciato a dicembre. 

http://www.firenzetoday.it/attualita/salvator-mundi-leonardo-vinci-ritrovamento.html

La notizia viene rilanciata un po’ dappertutto ( https://quifinanza.it/lifestyle/ritrovato-il-leonardo-da-400-milioni-che-si-credeva-scomparso/283856/ ), di certo fino a quando non si vedrà dal vero e non verrà analizzata per confermarne l’autenticità il mistero indubbiamente persisterà. D’altronde la storia non è del tutto chiara, l’acquirente dell’opera è emerso successivamente (cosa che a volte per questo genere di beni non sia assolutamente caso insolito, gli acquirenti preferiscono per ovvi motivi rimanere nell’anonimato), e anche la destinazione finale dell’opera non era quella dichiarata inizialmente. Sebbene ciò sembri strano visto che vi era proprio il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci e l’opera doveva essere esposta durante le varie importanti esposizioni attinenti e in onore del genio rinascimentale (tra parentesi attualmente al Louvre di Parigi ci sarà una mostra storica su Leonardo da Vinci a cui tra le pochissime opere dell’artista mancherà proprio il Salvador Mundi). Tutto ciò lascia perplessi. Ma per chiudere questo “giallo” moderno che alberga tra arte e spionaggio e altro, viene alla mente una citazione shakespiriana:

A parte questo excursus, ritornando al museo possiamo segnalare anche le tante mostre temporanee (esposizioni) di cui si contorna. Già dal tema delle mostre si avverte la grande apertura di questo emirato verso la cultura occidentale. Per esempio se ci andate fra qualche giorno (cosa che non potete …) potreste vedere la prima esposizione della stagione 2019/20 (dal 18/09 al 07/12 del 2019) dal titolo (con le relative opere d’arte di quegli artisti): RENDEZVOUS IN PARIS: PICASSO, CHAGALL, MODIGLIANI & CO (1900-1939) . Oppure potreste vedere l’esposizione che durerà fino al 18/02/2020 (ma non potete andarci lo stesso …) che ha un titolo assai iconico e non casuale per gli Emirati Arabi Uniti, ovvero 10,000 YEARS OF LUXURY . Altre esposizioni di questa nuova stagione al Louvre di Abu Dhabi: FURUSIYYA: THE ART OF CHIVALRY BETWEEN EAST AND WEST , anche questa dal titolo non casuale (gli EAU hanno questa ambizione di porsi come ponte tra est ed ovest, ed i ponti sono sempre imprescindibili per passare da una parte all’altra) che si terrà 19/02 al 30/05 del 2020; oppure l’ultima esposizione di questa stagione (che forse se gli esami finiscono presto potreste anche sfruttare …) è la mostra dal titolo CHARLIE CHAPLIN: WHEN ART MET CINEMA.

Quest’ultima esposizione (anch’essa non casuale per Abu Dhabi) si riallaccia ad una strategia utilizzata per promuovere il turismo ad Abu Dhabi, ovvero il cinema. Ciò avviene sulla scia di Dubai, che da questo punto di vista è stata antesignana per l’area. L’attuale attrazione che Abu Dhabi esercita sulle major in particolar modo statunitensi è davvero notevole. Pensate soprattutto a film di grido (da box-office) come Fast and Furious 7 (la cui costosissima auto era stata realizzata e messa in vendita davvero … vedere sopra fare link…) o Star Wars (vi ricordate poco sopra come era stato proposto il grattacielo cerchio ?… fare link). Vi do come riferimento questo articolo tratto da LaStampa perché in maniera ultra sintetica vi copre anche Dubai: https://www.turismo.it/oltreconfine/articolo/art/fast-furious-7-star-wars-e-tutto-il-cinema-di-abu-dhabi-id-7961/ )

locandina tratta da mymovies.it

TRA TURISMO CULTURALE, SOSTENIBILITà E

Legata a questa propensione di Abu Dhabi di trasformarsi in un centro culturale d’arte di livello mondiale vi è anche questa volontà di elevarsi anche nell’ambito dell’energie sostenibili. Questo può sembrare un paradosso per un Paese che si è sviluppato proprio grazie ai combustibili fossili, in proposito però ricordate la citazione dell’emiro di Dubai? (fare link) E ciò va messo in relazione con la relativa solerzia nell’affermarsi anche come un noto centro di studi per lo sviluppo tecnologico. Questa volontà era visibile anche in alcune realizzazioni architettoniche che si trovano in città. Ma con Masdar City tocca l’apogeo. Masdar City letteralmente significa “la città sorgente”. Un nome per un programma, come per tutto e come esige l’etimologia. In Fig. 33 vi mostro il rendering dello studio di progettazione del noto architetto Foster

(Fig 33)
準建築人手札網站 Forgemind ArchiMedia
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Nrman Foster – Masdar City rendering 04.jpg
Nrman Foster – Masdar City rendering 05.jpg

Una città progettata per fungere da modello per le nuove città del futuro. Una città che doveva essere autosufficiente e al tempo stesso un polo di sviluppo e di innvovazione tecnologica. Per raggiungere questo secondo obiettivo si è puntato ad un accordo con varie e prestigiose Università tra cui forse una delle più prestigiose al mondo soprattutto nel campo dell’innovazione tecnologica, il Massachusetts Institute of Technology di Boston. A Masdar City infatti si creò un polo universitario tra i più all’avanguardia al mondo in collegamento con aziende del settore, questo polo poteva (e può) contare sui lauti finanziamenti emiratini. Alcuni articoli ne parlano in maniera entusiastica https://www.ecoblog.it/post/187578/masdar-city-citta-ecosostenibile-di-abu-dhabi altri in maniera un pò disillusa http://www.rinnovabili.it/greenbuilding/masdar-citta-emissioni-zero-flop-222/ . Di sicuro si tratta di un’opera colossale che negli intenti e nelle dimensioni è unica nel suo genere. I lavori iniziarono nel 2008 e proseguono tuttora con alti e bassi soprattutto nella creazione di questo polo accademico e tecnologico.

Il video sottostante è il più recente a disposizione e vi mostra anche quanto già costruito. Tenete in considerazione che si ytratta del video del sito ufficiale di Masdar City e chi parla (e chi l’ha finanziato) ha ovviamente tutte le intenzioni di incensare questa futuristica città nel deserto in via di costruzione. Ad ogni modo vi mostra bene ciò che è e ciò che vuole diventare Masdar City, vi spiega bene tutto in 2 min e mezzo e in modo che potrete farvene un’opinione basandovi però sulla premessa che vi ho fatto due righe sopra.

L’innovazione è il fil rouge di Masdar City e ne definisce il carattere. Questa città collega attenzione ambientale, ricerca & sviluppo e affari. Cuore del sistema è l’Università della Scienza e della Tecnologia, che collabora con una serie di aziende all’avanguardia, in una cornice ad alto tasso di professionalità. Il terreno è molto fertile per start-up e PMI, le cui attività possono crescere efficacemente nei diversi incubatori.

https://www.ilcaffeweb.it/masdar-city-la-citta-ecosostenibile-di-abu-dhabi/

Diciamo che però il progetto va molto a rilento rispetto alle tempistiche iniziali. Sicuramente la crisi economica e il crollo del prezzo del petrolio (sulla cui esportazione ancora si erge Abu Dhabi, mentre da questo punto di vista Dubai grazie alle sue riuscite politiche turistiche attualemnet si poggia meno) hanno avuto un peso. Ma forse non è questo il solo motivo. D’altronde si tratta di creare una città completamente ecosostenibile e “green” in uno dei posti più inospitali del nostro pianeta. Ad ogni modo una parte è stata effettivamente costruita e ciò fa pensare che il progetto vedrà prima o poi la sua definitiva realizzazione. Anche se penso che non sarà proprio come era stato precedentemente pensato (ma ovviamente posso sbagliarmi, e tra parentesi lo spero). Indubbiamente nel caso venga terminata si tratterà di una città futuristica che sarà un punto di riferimento per progetti futuri sostenibili (e questo lo dovrebbe essere a prescindere se verrà relaizzata completamenet o meno, il progetto è infatti decisamente ambizioso e anche se si realizasse solo in parte sarebbe comunque un qualcosa di straordinario) Ma va anche detto che attualmente è semi deserta. Vi vivono soltanto 300 studenti dell’ Institute for Science and Technology, ben lontani dai numero delle decine di migliaia di abitanti preventivati. Infatti nelle previsioni e nei progetti la città doveva ospitare (o sarebbe meglio dire: ospiterà? questo lo si può dire solo in futuro) 50.000 persone, 1.500 imprese oltre all’avveniristico Masdar Institute of Science and Technology, polo universitario realizzato in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology e dedicato esclusivamente allo studio e alla ricerca nel campo delle energie rinnovabili.

(uno dei pochi pezzi costruiti) Raphael Iruzun MartinsSegui
Masdar City, Abu Dhabi

E proprio il Masdar Institute era il fiore all’occhiello di questa città avveniristica. Ma entriamo nello specifico di questo ambizioso progetto, proprio per il fatto che si tratta del tentativo di creare dal nulla un polo di sviluppo tecnologico di importanza colossale a livello planetario. Questo polo è stato istituito fin dal 2007 ed ha avuto una sua evoluzione.

Inizialmente a Masdar City si era fondato il Masdar Institute of Science and Technology ( https://www.masdar.ac.ae/ ) , che riecheggiava il ben più noto MIT di Boston. Un’istituto interamente dedicato alla ricerca di energia alternativa, sostenibilità ambientale e quella che viene definita come Environmental Technology (altrimenti detta anche Clean Technology). Nel 2017 questo istituto si è fuso in un qualcosa di più grande ma non è venuto meno alle sue premesse di cui sopra né tanto meno è venuto meno l’impegno a collaborare con il MIT.

The Masdar Institute of Science and Technology (Masdar Institute) was a graduate level, research-oriented university focused on alternative energies, sustainability, and environmental research. In 2017 it merged with two other institutions in Abu Dhabi to create Khalifa University, and its previous structure now hosts the research backbone of the new university, referred as the “Masdar City campus”. It was located in Masdar City in Abu DhabiUnited Arab Emirates.
Masdar Institute was an integral part of the non-profit side of the Masdar Initiative[4] and was the first institution to occupy Masdar City. The Technology and Development Program at the Massachusetts Institute of Technology provided scholarly assessment and advice to Masdar Institute.[5] As of April 2018, the collaborative agreement between the two institutions is still in place and currently hosts several exchange students from the legacy cohorts.

https://en.wikipedia.org/wiki/Masdar_Institute_of_Science_and_Technology

Quindi è interessante osservare che sebbene il Masdar Institute si sia fuso quindi con altri instituti per fondare la Khalifa University (dal nome dell’attuale presidente degli EAU nonché emiro di Abu Dhabi, Khalifa Bin Zayed Al Nahyan) nel 2013 (quindi prima di fondersi con gli altri instituti) su 336 studneti iscritti il 42% provenivano dagli EAU (ciò vuol dire che la maggior parte venivano da fuori) e il 35% erano donne. Si tratta di un dato significativo per il contesto geografico-culturale e per l’ambito specifico dell’instituto.

La collaborazione tra Masdar Institute e il più noto MIT era un fiore all’occhiello di questa futuristica città Masdar City che di per se stessa si rpesenta anche attualmente come una (potenziale) perla tecnologica. Il MIT d’altronde è tra le università più prestigiose e con più brevetti legati allo sviluppo tecnologico, ed ecco quindi che attirare il Massachusetts Institute of Technology ad Abu Dhabi è stata un’operazione colossale e sorprendente. La collaborazione tra i due poli scientifici è stata prolifica di conseguenze interessanti e di notevoli sviluppi, si vedano questi articoli a riguardo: https://www.ku.ac.ae/masdar-institute-and-mit-can-meet-big-goals-through-teamwork/ ; e questo dal sito diretto del MIT è stato il riassunto dell’esperienza: http://web.mit.edu/mit-mi-cp/

Ora questa collaborazione (ma ciò non toglie che non ve ne saranno nel prossimo futuro, anzi) è terminata il 31 maggio 2018, come riporta il sito del MIT

The MIT & Masdar Institute Cooperative Program – an institutional collaboration between MIT and Masdar Institute – came to successful conclusion on May 31, 2018.

http://web.mit.edu/mit-mi-cp/

Collaborazione che ha portato a termine importanti obiettivi, che vengono puntualmente elencati nel sito del MIT di Boston, tra cui:

A great deal was accomplished by the program since it began in 2007. Over the 11+ years of the program, the education and research activities involved:

93 joint research projects, leading to more than 400 publications in peer-reviewed journals;
270 faculty, postdocs, and research scientists from 26 MIT labs and centers;
346 MIT master’s and PhD students have participated in the program;
300 exchange visits between Masdar Institute and MIT;
99 MIT faculty have served on Masdar Institute PhD committees;
86 Masdar Institute students have had MIT faculty serving on their doctoral committee;
31 MIT faculty reviews of over 75 Masdar Institute Master of Science theses;
Masdar Institute produced 1,519 publications, 256 in the year 2016 alone and earned the top place in the research citation impact category for the Arab region in the 2015 US News and World Report rankings;
MIT produced 444 PEER reviewed publications and presentations as an outcome of the Cooperative Program;
MIT and Masdar Institute developed and implemented seven Master of Science programs and one interdisciplinary doctoral program (Doctor of Philosophy in Interdisciplinary Engineering), as well as reviewing and recommending 130 elective courses;
MIT admitted several Masdar Institute MSc graduates to MIT’s Ph.D. program;
22 Masdar Institute faculty spent a year in residence at MIT;
The Cooperative Program through its outreach activities helped to foster new elements of collaboration, including graduate student exchanges and fostering the deepening of Masdar Institute, Abu Dhabi and MIT relationships. Over 230 exchange visits took place alone during Phase II of the Cooperative Agreement.
The Cooperative Program brought domestic and international visibility to Masdar Institute accomplishments through a variety of communication mechanisms both at the Program and MIT Institute levels.

http://web.mit.edu/mit-mi-cp/

Ad ogni modo per dar voce alle opinioni più critiche e meno ottimistiche su Masdar City nel suo complesso e non solo sull’ex Masdar Institute ormai confluito sulla Khalifa University (di cui però riveste una parte notevole e fondamentale), questa collaborazione per quanto fruttuosa sia stata è venuta ad un termine. Magari in futuro si ripresenteranno altre occasioni ma di certo se l’obiettivo era quello di pareggiare o di collaborare costantemente con il MIT ciò non è quello che attualmente si sta verificando. Da questo punto di vista forse un vago accenno e sentore di “flop” lo si avverte. Ciononostante Masdar City e il suo Masdar Institute sono stati avviati quindi starà alle autorità di Abu Dhabi decidere se continuare su questa via o se effettivamente i costi (e le utopie) erano un po’ troppo grandi o sono stati visti in maniera troppi ottimistici.

Va anche detto che questa attenzione di Abu Dhabi al mondo accademico e alle più prestigiose università di livello mondiale non è né casuale né un puro e semplice espediente pubblicitario. Questo almeno se si considera che ad Abu Dhabi vi è anche un’università collegata in tutto e per tutto, a partire dallo stesso nome, ad un’università universalmente riconosciuta: la Sorbona di Parigi. Non solo quindi il Louvre, ma da Parigi Abu Dhabi ha mutuato anche l’università francese più prestigiosa. L’università Sorbonne Université Abu Dhabi è stata fondata nel 2006 e parimenti agli accordi che hanno preceduto il Louvre Abu Dhabi, anche questa università ha seguito un accordo tra Sorbonne Université di Parigi e il governo di Abu Dhabi.

logo del 2012 dell’Université Paris Sorbonne Abu Dhabi, Autore: Michaellambert
Foto di Panoramas, La Sorbonne Abu Dhabi
Foto di Panoramas, La Sorbonne Abu Dhabi – Bibliothèque

Si tratta di un’università dall’area più spiccatamente umanistica, come la sua tradizione impone, e che secondo me ben si sposa (ben si integra) con questa volontà di trasformare Abu Dhabi in un centro d’arte di livello internazionale. Oltre a questa prevalente area umanistica comunque la Sorbonne Universite Abu Dhabi collabora (tramite la sua facoltà di Fisica) anche con importanti altri centri di ricerca. Per esempio in occasione del Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio di Parigi-Le Bourget del 2017, l’Università ha firmato un accordo di cooperazione con l’école nationale de l’aviation civile. Tutto ciò ha portato l’Università Sorbonne di Abu Dhabi ad accrescere la propria competenza nel campo del trasporto aereo internazionale. Un settore che come avete visto dal documento dell’ENIT (e non solo) è di fondamentale importanza per l’intero sistema EAU.

Tanto che ci siamo citiamo anche il fatto che Abu Dhabi ha funto da polo gravitazionale nell’attirare anche un altro importante istituto di istruzione universitaria, ovvero l’Institut européen d’administration des affaires, in acronimo INSEAD. Si tratta di un istituto fondato nel 1957 ed attualmente è una delle più prestigiose scuola di direzione aziendale che offre corsi altamente specializzati oltre che essere un famoso istituto di ricerca.

Offre corsi a livello di dottorato di ricerca e di MBA nei suoi due campus in Europa (Francia) e Asia (Singapore). È accreditata AACSBEQUIS e AMBA.

L’INSEAD ha due campus: il campus originario si trova a Fontainebleau, vicino Parigi in Francia. Il secondo è nel distretto di Buona Vista nella città-stato Singapore. Il loro nome ufficiale è Campus Europa e Campus Asia.

L’INSEAD ha anche un centro per la formazione dirigenziale ad Abu Dhabi, un ufficio nordamericano a New York e un centro di ricerca in Israele.

wikipedia.it

Ma torniamo a Masdar City, dopo questo obbligatorio excursus su alcune (costose) prospettive per continuare gli studi universitari. Come ultima parte relativa alle peculiarità di Masdar City vi propongo questo estratto riguardante il sistema di trasporto urbano. è tratto da wikipedia.com in quanto la versione inglese è ovviamente assai più ricca di informazioni rispetto alla sua equivalente italiana.

By Masdar_PRT_(3).jpg: Jan Seifertderivative work: Mariordo (Mario R. Durán Ortiz) – This file was derived from: Masdar PRT (3).jpg:, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20267368
Jan SeifertSegui
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Transport system -Podcar at a personal rapid transit(PRT) station

The initial design banned automobiles, as travel will be accomplished via public mass transit and personal rapid transit (PRT) systems, with existing road and railways connecting to other locations outside the city.[17][24] The absence of motor vehicles coupled with Masdar’s perimeter wall, designed to keep out the hot desert winds, allows for narrow and shaded streets that help funnel cooler breezes across the city.[2]

In October 2010 it was announced the PRT would not expand beyond the pilot scheme due to the cost of creating the undercroft to segregate the system from pedestrian traffic.[25] Subsequently, a test fleet of 10 Mitsubishi i-MiEV electric carswas deployed in 2011 as part of a one-year pilot to test a point-to-point transportation solution for the city as a complement to the PRT and the freight rapid transit (FRT), both of which consist of automated electric-powered vehicles.[26][27]

Under a revised design, public transport within the city will rely on methods other than the PRTs. Masdar will instead use a mix of electric vehicles and other clean-energy vehicles for mass transit inside the city. The majority of private vehicles will be restricted to parking lots along the city’s perimeter. Abu Dhabi’s planned and delayed light rail and metro line will connect Masdar City’s centre with the greater metropolitan area.[5][27]

wikipedia.com

E ora chiudiamo questa parte relativa ad Abu Dhabi come vorrebbero i bambini, con un bel giro in “trenino”. Nel video sotto vi potrete fare un giro per Masdar City su uno questi futuristici mezzi di trasporto.

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