Four Corners: parchi e bellezze naturalistiche

Ma oltre a quei parchi quasi interamente incentrati sull’opera della natura in solitario, i Four Corners offrono anche delle perle di siti archeologici legati proprio a quel mondo nativo che vorremmo qua mettere in evidenza. Sono siti che ci offrono anche lo spunto per poter considerare l’erronea concezione che in generale si ha dei nativi americani. Non “indiani” sopra u cavallo in cerac di bisonti (per lo meno non solo) e nomadi sulle loro tende da campo, ma civiltà stanziali che formarono vere e proprie città e dove alla caccia si affiancava (ed era la parte predominante) l’agriucoltura. In tal senso andrebbero riviste molte delle tribù del Nord-Est. Ma vediamo da vicino questi siti a cui stio alludendo e che ci aprlno di un mondo nativo nei territori usa ben diversi da quelli proposti nei film western (in special modo di J. Ford) a ciio si accennava quando parlavamo della Monument Valley.

Parco nazionale storico della cultura Chaco

Il parco nazionale storico della cultura Chaco non è solo un parco nazionale degli Stati Uniti ma è anche (e soprattutto) un patrimonio dell’umanità stante il riconoscimento conferitole dall’UNESCO. Non a caso possiede infatti la più densa ed eccezionale concentrazione di pueblo dell’America a nord del Messico e conserva una delle più affascinanti aree storiche e culturali d’America. Il parco si trova nel nord-ovest del Nuovo Messico, tra Albuquerque e Farmington, in una vallata tagliata dal Chaco Wash.

Tra il 900 ed il 1150 il canyon Chaco fu uno dei principali centri culturali degli Anasazi (come dirò anche successivamente sarebbe più corretto chiamare questo popolo con la denominazione di Popoli Ancestrali.Questi insediamenti furono costruiti dai Chacoani a preezzo di grtan fatica visto e considerato che dovettero portare i blocchi di arenaria con cui sono fatti gli edifici, da grande distanza. Così come forse dovettero importare molto del legname qua utilizzato. Stiamo parlando di ujn popolo (o insieme di più popoli, solita questione dell’identità etnica) che aveva notevoli conoscenze e competenze nel campo dell’astronomia come ci dimostrerebbe l’incisione rupestre del “Sun Dagger” presso Fajada Butte.

Foto di Harrison Lapahie jr.

D’altronde sembra abbastanza assodato il fatto che molti edifici Chacoani fossero allineati per poter registrare i cicli solari e lunari, il che ha sicuramente richiesto generazioni di osservazioni astronomiche e secoli di conoscenza. E quindi una società ben strutturata e solida. Si pensa che i mutamenti climatici abbiano costretto i Chaco ad emigrare abbandonando il canyon, in corrispondenza dell’inizio di 50 anni di siccità nel 1130.

I siti culturali dei Chaco sono fragili e collocati in una regione arida; il rischio di erosione causato dai turisti ha portato ad esempio alla chiusura al pubblico di Fajada Butte ( vedasi sopra). Inoltre i luoghi sono considerati sacri da tempo immemorabile dagli Hopi (in teoria i diritti discendenti di questi Popoli Ancestrali), dai Navajo e dai Pueblo (intendendo con ciò tutti i vari popoli indigeni della zona). Questi popoli/tribù continuano a tramandare tradizioni orali narranti della storica migrazione da Chaco e della relazione spirituale con la terra. Questione che per lo meno anticamente erano prettamente spirituali e che oggigiorni a contatto con il nostro mondo toccano ambiti speculativi attinenti alla filosofia e che sono senza ombra di dubbio affascinanti.

La situazione è complessa. Il parco in quanto patrimonio UNESCO è soggetto a severi vincoli di “salvaguardia” che a volte contrastano con le credenze religiose dei nativi; allo stesso tempo alcune rappresentanze tribali cooperano strettamente con il Servizio dei Parchi nazionali (il National Park Service) al fine di “salvaguardare” il loro patrimonio della cultura chacoana capite quindi che la questione a volte può sembrare decisamente ingarbugliata se n on addirittura paradossale. ma d’altronde è un paradosso che a parere mio attraversa tutto l’operato dell’Unesco e forse a monte ancor più la stessa base della società moderna con i diritti fondamentalie universali dell’essere umano ma allo stesso tempo con la savaguardia delle varie culture locali. Sinceramente non so coem tale paradosso possa essere risolto, o come credono di averlo risolto i vari funzionari e addetti (intellettuali o meno, questa differenza in certi ambiti pace molto … è indicativa …) dell’UNESCO e dell’ONU.

Come si evince dalla mappa sopra riportata, i siti archeologico sono numerosi, quattordici tra le Grandi Case. Tra queste Pueblo Bonito è la più grande e famosa Grande Casa del Parco nazionale storico della cultura Chaco, situata nel Nuovo Messico, fu costruita dagli antichi puebloani ed occupata tra l’828 ed il 1126.

Chaco Culture National Historical Park, view on Pueblo Bonito, autore foto: Arian Zwegers
Pueblo Bonito

Potete esplorare in maniera accurata questo sito archeologico consultando questo sito web: https://serc.carleton.edu/trex/students/labs/lab3_1.html

Pueblo Bonito, one of the buildings in the Chaco Canyon, built in stages beginning 919. The settlement contained about 800 rooms on five floors. During its later stage some of the ground floor rooms were filled with rubble to support the upper floors. The round structures are kivas (religious assembly rooms).

https://www.mt-oceanography.info/science+society/lectures/illustrations/lecture18/anasazi.html
By Bob Adams, Albuquerque, NM – Own work, CC BY-SA 3.0
Fig.1 alcuni piccoli Kiva

Questi rappresentati in Fig.1 sono i Kiva. I Kiva sono (in lingua Hopi) dei locali a struttura circolare, solitamente interrati o semi-interrati, utilizzati a scopo rituale e religioso. Forse anche come luogo per assemblee. Nell’immagine in Fig.1 si vedono alcuni piccoli kiva di Pueblo Bonito, ognuno dei quali avrebbe potuto ospitare dai 50 ai 100 fedeli. I 15 più grandi avevano affluenze che raggiungevano le 400 persone

Questo sotto invece è come il sito dovrebbe essere stato al tempo della sua piena abitazione. Ovviamente i terreni circoswtanti dovrebbero essere stati coltivati.

MESA VERDE

Concludiamo con un altro Parco Nazionale che presenta un elevato numero di siti archeologici legati al mondo dei nativi americani. Parliamo del Parco Nazionale di Mesa Verde: https://www.nps.gov/meve/index.htm . In genere quando si pensa a Mesa Verde, o quando si fanno ricerche relative ad esso (…), si confonde l’intero parco con un singolo sito che viene quindi denominato Mesa Verde. Niente di più errato. In realtà esso è solo il sito più noto ma non l’unico. Per quanto ogni singolo sito sia estremamente interessnate, e per quanto le tipologie abitative siano abbastanza simili tra loro, ci si potrebbe confondere. In realtà il Parco Nazionale di Mesa Verde (che da qui in avanti nomineremo soltanto come Mesa Verde) presente all’incirca ben 600 siti archeologici. I più spettacolari sono quelli denominati come Cliff Dwelling (poi si vedrà il perché se già il nome non fosse di per sé stesso esplicativo)

autore foto: Michael Kemper Colorado – Mesa Verde National Park, Mancos Valley Overlook
Foto di Mike Goad da Pixabay

Il Parco nazionale della Mesa Verde è stato istituito nel lontano 1906 per preservare alcuni siti archeologici precolombiani. Dopo Yellowstone fu il secondo parco statunitense ad essere istituito. Si estende per circa 211 kmq nella parte sud-occidentale del Colorado, al confine con il New Mexico. Esattamente si trova nella contea di Montezuma (Montezuma County) sebbene ovviamente quest’area non c’entri assolutamente nulla con l’ultimo imperatore Azteco se non per il rimando ad una ricchezza di questi luoghi nelle fasi pre-colombiane testimoniata dall’alto numero di siti archeologici. Diffatti già nel 1978 è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, tra i primi siti in assoluto a vantare questo riconoscimento. è pur vero che proprio in quell’anno la sede dove l’UNESCO si riunì per decidere su quali siti elevare al rango di “sito patrimonio dell’umanità” era proprio la capitale statunitense, Washington. Non è un particolare secondario ma nemmeno troppo determinante viste le generalmente pessime relazioni che nel tempo sono intercorse tra gli USA e questa agenzia dell’ONU. Particolare, ma non tanto, è il fatto che fu patrocinato dall’UNESCO assieme al Parco di Yellowstone, l’unico parco degli USA che ha preceduto Mesa Verde proprio nell’essere eletto parco nazionale. Due aree totalmente differenti che hanno però avuto una storia parallela sotto “la gestione umana”.

I paesaggi che contraddistinguono Mesa Verde sono belli, bellissimi, ma non sono loro il motivo di così tanta importanza di questo parco. Il motivo, come si accennava poco sopra, consiste nei siti archeologici. All’interno dei canyons infatti sono localizzati i celebri cliff-dwelling (letteralmente gli abitati rupestri), che però sebbene sono i più famosi siti archeologici di questo parco, in realtà rappresentano solo una piccola parte degli oltre 10.000 siti presenti a Mesa Verde.

Vi troviamo infatti innumerevoli pueblos (villaggi di superficie) e pithouses (case a pozzo) che rendono manifesta la ricchezza di questo territorio nelle fasi prec-colombiane. Un territorio così “regale” non poteva che non essere battezzato con il nome del sovrano più sfarzoso che si conosceva nell’America che ebbe il primo contatto con i conquistadores spagnoli. Ed è alla Spagna che la zona deve la prima forma di colonizzazione ed esplorazione territoriale da parte di popolazioni europee.

Questi resti di numerosi insediamenti erano stati costruiti dagli antichi Popoli Ancestrali, una volta denominati Anasazi. Il termine Anasazi come designazione di un popolo mi è sempre piaciuto. Trovo che abbia un qualcosa di solenne già dal suono. Ad ogni modo il nome designato e utilizzato epr questo popolo non deriva da una definizione “interna” ma da una prospettiva esterna. Non per nulla non ha una connaturazione positiva, sebbene almeno per me incute un certo timore reverenziale e (come dicevo) abbia un alone di solennità. Queste genti, non ne sappiamo poi molto, furono infatti così definite dai Navajo, una tribù della zona che conserva ancora attriti con i diritti discendenti degli Anasazi. Questo se almeno come sembra abbiano i loro diretti discendenti nella tribù degli Hopi (Zuni). In lingua Navajo la “denominazione” di Anaasazi significa letteralmente “gli antichi nemici”. La conflittualità dovrebbe esser stata il pane quotidiano (si veda anche la disputa Navajo-Hopi sui confini delle loro rispettive riserve).

Come si diceva i siti più spettacolari di questo parco nazionale sono i cosiddetti cliff-dwellings. Si tratta di villaggi costruiti all’interno di rientranze della roccia. Il più noto e il più grande di questi insediamenti è quello denominato Cliff palace.

Pueblo Indian Cliff Palace
Cliff Palace, Foto di Kristy Lee da Pixabay

Il Cliff Palace è il più grande insediamento costruito nella roccia di tutto il Nordamerica. Si trova in una rientranza profonda 27 m e alta 18 ed è costituito da 220 ambienti. Tra questi ambienti compaiono anche 23 kivas, ricordate quello che si era detto di loro a proposito di Pueblo Bonito? Di questi ambienti solo una trentina conservano tracce di un focolare. Questo fa presupporre che le abitazioni fossero costituite da più ambienti tra loro collegati e che alcuni di essi fossero adibiti a magazzini. è una tipologia di abitato che si riscontra, seppur con minori dimensioni, anche negli altro cliff-dwellings. Ve ne faccio vedere qualcun’altro.

Foto di Kristy Lee da Pixabay
(Fig 2)
Ken Lund
Square Tower House, Mesa Top Loop Road, Mesa Verde National Park

Quella in Fig. 2 è la Square Tower House. Il sito-insediamento prende il nome dalla torre che è la più elevata costruzione di Mesa Verde. Non sembra abbia avuto un insediamneto umano duraturo se si considera che l’insediamento sembrerebbe sia stato occupato solo per un centinaio d’anni, tra il 1200 e il 1300 d.C.

Spruce Tree House (ora chiuso)

Spruce Tree House è sicuramente l’insediamento che si trova nel migliore stato di conservazione ed è il terzo più grande villaggio presente a Mesa verde. È costituito da 130 ambienti e 8 kivas. Si ritiene che possa essere stato abitato da circa 80 persone. A causa di preoccupazioni sulla tenuta della roccia sovrastante l’insediamento, il sito è attualmente chiuso al pubblico.

Fig. 3 Autore: Khlnmusa Kyong H. Lee; Long House in the Mesa Verde National Park
Fig. 4 Verde Park Mesa Balcony House

SeLong House (Fig.3) è il secondo insediamento di Mesa Verde per dimensioni, per poter visitare Balcony House è necessario scendere all’interno del canyon per circa 30 metri e poi risalire verso gli edifici costruiti nella cavità della roccia mediante una scala a pioli di 10 m. Un percorso suggestivo che ti immerge nel mondo degli Anaasazi (io continuo a chiamarli così, ma voi chiamateli pure Popoli Ancestrali come è attualmente di routine tra gli studiosi. Questi sono solo alcuni dei più spettacolari e meglio conservati cliff-dwellings sugli oltre seicento presenti nel parco.

A student documents plaster in Cliff Palace foto da nps

Molti di questi siti sono ancora soggetti a scavi archeologici e quindi tutt’ora rivestono una grande miniera di reperti. Non è inusuale imbattersi in qualche campagna di scavi o comunque spedizioni di studio come della Pennsylvania University (e non solo).

Archeologi al lavoro tra i cliff-dwellings, foto da nps
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